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Nella storia del sottomarino, la tragica vicenda del Kursk è soltanto l’ultima di una lunga, dolorosa serie. Ma è la prima volta che un tale drammatico evento, portato in ogni casa dalla televisione, è stato seguito in tutto il mondo quasi in “tempo reale”, anche se l’incertezza delle notizie, spesso contraddittorie, ha portato a valutazioni e conclusioni errate. Che cosa è successo nel Mare di Barents? Uno scontro tra sottomarini, oppure lo scoppio di un siluro in camera di lancio? Si è trattato di un sabotaggio oppure di una collisione con una mina? E ancora: è vero che i mezzi della flotta navale russa, in particolare i battelli subacquei, versano in gravi condizioni, così come danno a credere certe immagini televisive? Questo libro, che nasce certamente dall’impulso di “rimettere le cose a posto”, fornendo al lettore corrette cognizioni tecniche, confuta con valide argomentazioni gli atteggiamenti preconcetti e analizza i punti oscuri che la vicenda ancora presenta. Il volume è diviso in tre parti. Un’ampia premessa storica illustra il pensiero politico strategico russo nei confronti della Marina e, in particolare, dei sommergibili. Segue, quindi, una disamina accurata dello sviluppo dell’arma subaquea sovietica nel secondo dopoguerra. Dopo aver considerato i diversi sistemi di salvataggio attualmente in uso, si arriva infine all’approfondita analisi dell’incidente e alla formulazione, in attesa di dati certi, di ipotesi razionali razionali e plausibili su cosa è avvenuto il 12 agosto 2000 nelle gelate acque del Mare di Barents.
Per antica tradizione tutti i paesi occidentali hanno coltivato un atteggiamento culturale sostanzialmente negativo nei confronti della Russia sia all’epoca degli Zar che durante il periodo dell’Unione Sovietica ed anche ora doopo il crollo del muro di Berlino. Il popolo russo è stato tradizionalmente considerato rozzo ed abbastanza primitivo e nel campo militare l’immagine che ci è stata tramandata è quella di orde di cosacchi urlanti: i cavalli sono stati sostituiti con i carri armati T-34 durante la seconda guerra mondiale, ma il concetto è rimasto quello della tradizione. La Marina Russa per l’Occidente la Russia non avrebbe mai avuto una vocazione marinara, per l’Occidente la Russia ha cominciato ad essere presente sul mare a partire dagli anni cinquanta con una flotta costituita principalmente da numerosi sottomarini, la maggior parte dei quali del tipo a propulsione nucleare ed armati missili a testata nucleare. Attualmente, con il disfacimento dell’Unione Sovietica, la flotta russa sarebbe in una fase di rapido ed irreversibile degrado tecnico, addestrativo, professionale: in sintesi un ammasso di rottami più pericolosi per gli stessi aquipaggi che per i potenziali nemici. Ovviamente si tratta di luoghi comuni e come tali essi hanno un fondamento di verità, ma le dimensioni che si attribuiscono ai vari fenomeni portano a conclusioni totalmente errate, come è successo anche per la tragedia del sommergibile nucleare “Kursk”. Per capire a fondo cosa ha rappresentato il caso del Kursk, perché esiste un simile tipo di sottomarino, perché il Kursk era ancora operativo, perché navigava in quel mare, perché il suo equipaggio operava incondizioni così estreme, l’ing. Alessandro Turrini, già ufficiale sommergibilista, ha scritto per la Vittorelli Edizioni “La Tragedia del Kursk”, un lavoro di strettissima attualità, che è stato presentato il 14 gennaio presso l’Associazione Marinai d’Italia di Monfalcone”.
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